INTRODUZIONE

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(Liberamente tratta dall'opera: Yosemite Valley attraverso lo stereoscopio nelle fotografie tridimensionali Underwood & Underwood del 1902, a cura di Antonello Satta, Edizioni Archivio Stereoscopico Italiano, Padova, 2004. Nell'immagine è raffigurata l'opera originale.)

Tra Ottocento e Novecento l'interesse per la fotografia stereoscopica raggiungeva il suo apice. Centinaia di piccoli e grandi editori proponevano ricchi cataloghi e vaste serie tematiche, per soddisfare le richieste di una clientela sempre più avida d'immagini. Di lì a poco, l'affermarsi della cartolina postale e del cinema porterà alla crisi della produzione e della vendita di questo genere di fotografie, relegando nell'oblio un patrimonio iconografico oggi ai più sconosciuto.

Queste immagini, proposte per la prima volta in Italia, sono tratte dall'opera: Yosemite Valley Through the Stereoscope, pubblicata in prima edizione nel 1902 dall'editore americano Underwood & Underwood. Si tratta di uno dei quasi trecento titoli di questo produttore, dedicati in gran parte alla descrizione, per immagini tridimensionali, di luoghi geografici, e costituiti sulla base di una medesima struttura: un insieme di fotografie stereoscopiche corredate di un volume di testi di commento.

L'opera è composta di 24 fotografie tridimensionali, un libretto-guida di 70 pagine e una mappa su cui è riportata, per ogni fotografia, la posizione di ripresa, il suo orientamento e l'angolo di campo abbracciato, secondo un modello brevettato ed esclusivo di questo editore.

Ogni fotografia tridimensionale, detta più propriamente "stereografia", si presenta con due immagini apparentemente uguali, affiancate ed applicate su un cartoncino, in un formato molto diffuso in passato, soprattutto nella seconda metà dell'Ottocento, poco dopo l'"invenzione" della stereoscopia, quando l'interesse per questo genere di rappresentazione rivaleggiava con la fotografia tradizionale, consentendo lo sviluppo di un'intensa attività commerciale, con centinaia di produttori e decine di migliaia di titoli offerti.

Per quanto molto simili, le due immagini di una stereografia sono in realtà leggermente differenti; esse sono, infatti, realizzate con una fotocamera dotata di due obiettivi, con gli assi ottici distanti pressappoco quanto i nostri occhi (o con due diverse pose realizzate traslando una fotocamera a singolo obiettivo per un pari valore). In questo modo, ognuna delle due fotografie riproduce la scena che ogni occhio individualmente vede, e la visione della coppia di fotografie, attraverso un opportuno strumento, restituisce una sensazione di profondità simile a quella che si ha nell'osservazione della scena reale.

Ciò è reso possibile dalla binocularità della visione umana, che consente di vedere la realtà nel suo aspetto volumetrico attraverso la sintesi a livello cerebrale delle due differenti immagini percepite da ciascun occhio.

L'apparecchio che permette l'osservazione tridimensionale delle stereografie è lo stereoscopio, il quale non fa altro che mostrare a ciascuno dei due occhi, individualmente, l'immagine che gli compete. Essendo lo stereoscopio uno strumento d'osservazione poco pratico per una fruizione a monitor delle immagini, in questa sede le stesse vengono presentate, oltre che nella loro forma originale in stereocoppia (SD), anche nella loro trascrizione in un differente formato stereoscopico, detto "anaglifo", il quale, attraverso l'uso dello specifico occhiale con filtri colorati rosso e ciano, permette una comoda fruizione collettiva delle immagini tridimensionali, mantenendo, nel contempo, la stessa suggestione della visione originale attraverso lo stereoscopio.

Il formato anaglifo si basa sullo stesso principio citato, salvo per il fatto che, in questo caso, le due immagini sono sovrapposte e diversamente colorate, relegando agli occhiali con filtri colorati il compito di separare le due immagini in modo che siano viste individualmente da ciascun occhio.

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