OMAGGIO A GIOTTO
Il sottotitolo della mostra: da Giotto a 'Giotto', dove per 'Giotto' si intende la sonda che l'ESA (Agenzia Spaziale Europea) ha inviato nel 1985 per lo studio della Cometa di Halley, intende rendere merito al grande pittore fiorentino che intorno al 1305 dipinse a Padova, nella Cappella degli Scrovegni, quella che è considerata la prima rappresentazione di una cometa in una Adorazione dei Magi. Nell’antica tradizione iconografica cristiana, infatti, la luce che fece da guida ai Magi verso la capanna di Gesù è raffigurata come una stella. Anche in molte scene della natività o dell’Adorazione dei Magi d’epoca romanica e gotica, nel cielo è dipinta una stella, come nella scena affrescata nell’Oratorio di S. Michele a Padova, nel 1395, da Jacopo da Verona.
Nella tradizione iconografica bizantina la stella è invece rappresentata con tre raggi sempre orientati verso il basso, apparentemente simili ad una coda, che tuttavia non intendono descrivere una cometa, bensì, simbolicamente, il concetto trinitario, stabilito nel 325 d.C. dal Concilio di Nicea.
Perché Giotto, all’inizio del XIV secolo, dipinse allora una cometa? Le ragioni, plausibili, possono essere due.
La prima riguarda le conoscenze astronomiche dell’ambiente culturale padovano col quale sicuramente Giotto venne in contatto. Se i movimenti degli astri erano quelli descritti dal grande astronomo greco-alessandrino Tolomeo (II sec. d.C.), la costituzione del cosmo era quella descritta nelle opere di Aristotele (IV sec. a.C.), quella per cui il cielo era immutabile, nulla di nuovo poteva accadervi, e le stelle erano fissate in una sfera solida immensamente lontana. La luce in movimento che apparve nel cielo e guidò i Magi, doveva dunque essere una cometa, cioè un fenomeno dell’atmosfera - così si credeva - dove tutto poteva accadere, secondo la concezione aristotelica.
La seconda ragione è che nel 1301 apparvero in cielo due comete, ed è molto probabile che Giotto ne abbia vista almeno una se non tutte e due. Una di queste divenne celebre, dopo il suo ritorno del 1682, per opera dell’astronomo inglese Edmond Halley (1656-1742). È irrilevante stabilire quale delle due Giotto ebbe modo di vedere, ma l’apparizione del nuovo astro gli diede l’opportunità di darne una rappresentazione naturalistica nella scena dell’adorazione dei Magi dipinta nella Cappella degli Scrovegni a Padova.
Nell'immagine: trascrizione in stereografia della conversione
da 2D a 3D del lenticolare dell'Adorazione dei Magi di Giotto esposta nella
mostra. La realizzazione, opera di Antonello Satta, curatore della sezione foto-stereoscopica,
intende essere un omaggio a colui che grande merito ha avuto nell'introdurre
in pittura, nella sua epoca, la terza dimensione. L'immagine lenticolare, su
lastra da 60 lpi nel formato 32x32 cm, è costituita da 12 immagini.